UN VERO AMICO
Finchè si trattava di venire a mettere le gambe sotto il tavolo e consumare una lauta cena, il dottor Medaglia non aveva niente in contrario. Era sempre entusiasta di accettare. Ma quando ci siamo visti all'ospedale dove lavorava e dove mia madre stava per subire un piccolo intervento chirurgico, le cose hanno preso una piega ben diversa.
L'inizio per noi non era stato dei più promettenti. Appena arrivate in ospedale, abbiamo scoperto che il dottore che avrebbe dovuto operarla non era venuto, ovviamente senza avvertire. In un ospedale pubblico immagino che questo sia un dettaglio insignificante, senza alcuna importanza. E, altrettanto ovviamente, non ne sapevano nulla neanche le infermiere del reparto. Così, noi eravamo lì puntuali, con tutta la preparazione preoperatoria fatta a casa e nessuno che sapesse dirci che cosa fare. Intanto, ci hanno ordinato di aspettare in corridoio. Non c'erano sedie, ma questo era un altro dettaglio senza importanza. Mia madre era abbastanza anziana, ma non invalida, quindi poteva tranquillamente stare in piedi. Ho provato a chiedere gentilmente se avrebbero potuto portarle una sedia e, dopo solo una mezz'ora, la sedia è arrivata. Non rimaneva che aspettare. Aspettare di sapere quale destino ci attendesse, aspettare aspettare… Dopo due ore, un'infermiera, senza profferire parola, è venuta a prendere mia madre per accompagnarla in sala operatoria.
Mentre eravamo lì sedute però, era successa la cosa a cui accennavo sopra. A qualche metro da noi, il dottor Medaglia aveva attraversato il corridoio e, dopo aver guardato nella nostra direzione ed avermi riconosciuta, ha deciso di tirare dritto e di infilarsi lestamente nella porta dell'ambulatorio di fronte. Non sapevo come prendere questa cosa, che mi ha fatto molto male. Se c'era un momento in cui avrei avuto bisogno di una parola di incoraggiamento era proprio quello. Ma essere dottori non significa necessariamente essere anche capaci di pronunciare una parola di conforto in un momento di difficoltà e di dolore…