DON GIOVANNI ALZANI
Ero ragazzina, ma quella frase cattiva e maleducata la ricordo bene. Mio padre aveva dovuto cedere la piccola ditta di pullman di cui era proprietario. Essendo anche uno degli autisti e non potendo più guidare un mezzo pubblico da quando aveva bisogno di occhiali da vista, aveva dovuto cercare un nuovo lavoro. Sua sorella lo aveva presentato a don Alzani, presso cui lei lavorava in qualità di domestica, nella speranza che potesse, se non offrirgli, almeno indicargli qualche opportunità di impiego. Lui era bravo come autista, come meccanico, ma anche come artigiano del ferro battuto, una sua passione di sempre. Sapete quale è stata la risposta sprezzante del don? “Ho già una Martina in casa, basta e avanza”. Ho trovato quella frase non solo maleducata, ma assolutamente fuori luogo, dato che mio padre, ma ancora di più mia zia, erano dei lavoratori come ce ne sono pochi, di un'assiduità ed un impegno senza paragoni.
La zia Maria era la sorella maggiore di mio padre ed io le dicevo sempre che volevo più bene a lei che ai miei genitori. Adesso che non c'è più il ricordo di lei, della sua sollecitudine e generosità, è sempre con me. Il suo spirito di sacrificio e di rinuncia, uniti ad un'assoluta dedizione al bene altrui, erano straordinari. Suo marito era mancato all'improvviso quando era ancora giovane e l'aveva lasciata senza risorse – l'unica entrata era lo stipendio di lui - con due figli da crescere. Così aveva dovuto subito cercarsi un lavoro e lo aveva trovato presso don Alzani. Mi auguro che costui non fosse troppo spesso incline a battutacce come quella che ho descritto altrimenti le avrebbe reso la vita un insopportabile inferno…
Ho letto nella sua biografia che questo don Alzani aveva fondato un bollettino parrocchiale intitolato La Buona Parola. Di sicuro, almeno in questa circostanza, un simile titolo, nel suo significato generico, al di là di quello religioso, di avere il dono di esprimere una parola gentile e affettuosa, di possedere umanità, sensibilità d'animo e capacità di affetti, non si applicava di sicuro a lui né alla frase che gli era uscita di bocca.
Era anche diventato direttore di una stamperia vescovile, la cui attività continua ancora oggi sotto il nome di casa editrice Alzani. A questa casa editrice è legata la mia prima delusione di autrice. Diversi anni fa avevo scritto un libro sulla Sacra Sindone. Dopo aver affidato loro le bozze, avevo dovuto andare all'estero per un impegno di lavoro. Al mio ritorno, il libro era stampato. Appena l'ho aperto, mi sarei messa a piangere. I caratteri erano troppo chiari, ma soprattutto, a rendere il libro di difficile lettura, era il fatto di aver creato un margine esterno delle pagine di ben 5 centimetri. In questo modo il testo era tutto spostato verso il centro pagina e per riuscire a leggerlo occorreva forzarne l'apertura.
Io pensavo che fosse stato un errore, ma la titolare mi ha detto che lo avevano fatto così di proposito per permettere al lettore di appoggiare comodamente le dita nel sorreggerlo. Non so quale dimensione di organo prensile avesse in mente, forse quello di un gigante, visto che il margine standard di un libro è di 2,5 centimetri. Con un margine così largo ed il testo costretto verso l'interno, il lettore vede un enorme spazio bianco mentre lo scritto è di difficile lettura.
Peccato, perchè tutti i lettori mi hanno detto che è un ottimo libro, molto ben scritto, con informazioni complete dal punto di vista storico, scientifico e della fede.